L’Open Space Technology è una metodologia che permette
di creare gruppi di lavoro e riunioni ispirati e produttivi, attraverso un
approccio informale e dinamico che permetta di intersecare ed arricchire le
idee che vengono sviluppate da ogni partecipante.
Lo strumento è stato creato da Harrison Owen nel 1985
ed è stato poi sperimentato in differenti paesi del mondo nella gestione di
gruppi composti da un minimo di 5 a un massimo di 2000 persone, in conferenze
della durata di una, due o anche tre giornate.
La domanda che ha portato alla creazione dello
strumento è semplice e diretta: si possono coniugare le dinamiche
interpersonali e la vivacità tipica di un coffee break con i contenuti e i
risultati propri di un workshop? Il risultato è uno strumento innovativo che
permette alle persone di non annoiarsi e di produrre, in tempi relativamente
brevi, un documento riassuntivo di tutte le proposte elaborate dal gruppo,
l’instant report, che diviene testimonianza del lavoro fatto e garante degli
impegni presi.
L’OST si fonda su quattro principi cardine,
estremamente semplici e concisi, ed una sola legge:
1. Chiunque partecipi al gruppo è la persona giusta,
2. Qualsiasi cosa succeda nel gruppo è l’unica cosa
che poteva accadere,
3. La discussione comincia sempre al momento giusto,
4. Quando la discussione è finita, è finita.
L’unica legge fondamentale è quella dei due piedi: se
un partecipante si accorge che non sta né imparando né contribuendo alle
attività del gruppo in cui è inserito, è tenuto ad alzarsi e spostarsi (usando
i due piedi, appunto) in un luogo in cui possa essere più produttivo. Questo
atteggiamento non va interpretato come una mancanza di educazione, ma come un
modo per migliorare la qualità del lavoro.
La struttura tipica di un Open Space è così
articolata: nella prima parte si discute in maniera informale, cominciando a
conoscere i vari punti di vista, nella seconda si discute approfonditamente del
tema in questione, nella terza si prendono le decisioni.
È importante che tutte le sedie siano posizionate in
circolo, di modo che non si creino gerarchie e che tutti possano guardarsi
negli occhi: questo contribuisce ad eliminare ogni minima esclusione e a creare
un clima di uguaglianza, coinvolgimento e partecipazione. Prima di iniziare la
discussione, un facilitatore apre il cerchio per spiegare le regole e
presentare l’argomento di cui si tratterà.
Bisogna, inoltre, mettere a disposizione cartelloni,
fotocopiatrici, computer e tutti gli strumenti necessari per poter fissare le
idee che emergono e articolarle in maniera immediata, semplice e alla portata
di tutti. Un grande muro vuoto fungerà da bacheca su cui inserire le proposte
di ogni membro: ogni persona che pensa di avere un argomento di discussione sul
tema deve scriverlo su un cartoncino e presentarlo al gruppo; quando i temi
saranno esauriti ogni promotore dovrà attaccare alla bacheca il suo cartoncino.
Una volta terminata questa operazione, tutti potranno osservare i vari argomenti
emersi e decidere a quale gruppo autogestito intendono unirsi.
Nessun commento:
Posta un commento