giovedì 26 giugno 2014

Open Space Technology - OST

L’Open Space Technology è una metodologia che permette di creare gruppi di lavoro e riunioni ispirati e produttivi, attraverso un approccio informale e dinamico che permetta di intersecare ed arricchire le idee che vengono sviluppate da ogni partecipante.

Lo strumento è stato creato da Harrison Owen nel 1985 ed è stato poi sperimentato in differenti paesi del mondo nella gestione di gruppi composti da un minimo di 5 a un massimo di 2000 persone, in conferenze della durata di una, due o anche tre giornate.

La domanda che ha portato alla creazione dello strumento è semplice e diretta: si possono coniugare le dinamiche interpersonali e la vivacità tipica di un coffee break con i contenuti e i risultati propri di un workshop? Il risultato è uno strumento innovativo che permette alle persone di non annoiarsi e di produrre, in tempi relativamente brevi, un documento riassuntivo di tutte le proposte elaborate dal gruppo, l’instant report, che diviene testimonianza del lavoro fatto e garante degli impegni presi.

L’OST si fonda su quattro principi cardine, estremamente semplici e concisi, ed una sola legge:
1. Chiunque partecipi al gruppo è la persona giusta,
2. Qualsiasi cosa succeda nel gruppo è l’unica cosa che poteva accadere,
3. La discussione comincia sempre al momento giusto,
4. Quando la discussione è finita, è finita.
L’unica legge fondamentale è quella dei due piedi: se un partecipante si accorge che non sta né imparando né contribuendo alle attività del gruppo in cui è inserito, è tenuto ad alzarsi e spostarsi (usando i due piedi, appunto) in un luogo in cui possa essere più produttivo. Questo atteggiamento non va interpretato come una mancanza di educazione, ma come un modo per migliorare la qualità del lavoro.

La struttura tipica di un Open Space è così articolata: nella prima parte si discute in maniera informale, cominciando a conoscere i vari punti di vista, nella seconda si discute approfonditamente del tema in questione, nella terza si prendono le decisioni.

È importante che tutte le sedie siano posizionate in circolo, di modo che non si creino gerarchie e che tutti possano guardarsi negli occhi: questo contribuisce ad eliminare ogni minima esclusione e a creare un clima di uguaglianza, coinvolgimento e partecipazione. Prima di iniziare la discussione, un facilitatore apre il cerchio per spiegare le regole e presentare l’argomento di cui si tratterà.


Bisogna, inoltre, mettere a disposizione cartelloni, fotocopiatrici, computer e tutti gli strumenti necessari per poter fissare le idee che emergono e articolarle in maniera immediata, semplice e alla portata di tutti. Un grande muro vuoto fungerà da bacheca su cui inserire le proposte di ogni membro: ogni persona che pensa di avere un argomento di discussione sul tema deve scriverlo su un cartoncino e presentarlo al gruppo; quando i temi saranno esauriti ogni promotore dovrà attaccare alla bacheca il suo cartoncino. Una volta terminata questa operazione, tutti potranno osservare i vari argomenti emersi e decidere a quale gruppo autogestito intendono unirsi.

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